28 FEBBRAIO 2021 XIV GIORNATA DELLE MALATTIE RARE

Nel mare magnum delle MALATTIE RARE , la CFS/ME può essere considerata una patologia negletta.
Grazie a www.biotecnologie-news.it per l’ampio spazio dedicato alla CFS/ME ed all’operato di AMCFS
Qui di seguito riportiamo l’intervista inerente fatta alla dott.ssa Ardino:

“L’associazione che presiedo si chiama ASSOCIAZIONE MALATI DI CFS ONLUS(AMCFS). E’ un’Associazione che opera in ambito sanitario assistenziale e che si propone di offrire supporto a malati e loro familiari indicando a quali specialisti rivolgersi per diagnosi e monitoraggio, offrendo suggerimenti per il proseguimento degli studi dei giovanissimi, indicazioni sulle procedure per il riconoscimento dell’invalidità”. A parlare è Roberta Ardino, che guida un’associazione impegnata nella complessa battaglia del riconoscimento della Sindrome da Fatica cronica. Una fattispecie sintomatologica che sembra interessare anche gli effetti sulla salute post-Covid. Abbiamo intervistato la Ardino per comprendere qualcosa in più di questa patologia.

Che cos’è la Cfs?
La CFS, conosciuta anche come Sindrome da Fatica Cronica o Encefalomielite Mialgica, è una patologia che può essere definita rara o negletta in quanto ancora poco conosciuta, nonostante se ne parli di più rispetto al passato e di cui pochissimi se ne occupano. A tutt’oggi non si conoscono le reali cause che la determinano, mentre si sa che per lo più insorge in seguito ad una infezione di tipo virale (epstein barr, citomegalovirus, herpes tanto per citarne alcuni), in alcuni presenta un esordio brusco e repentino, mentre in altri insorge lentamente e con sintomi sfumati fino a giungere a livelli ben definiti e limitanti della quotidianità di chi ne è affetto.

E la Cfs post Covid?
In seguito all’infezione da COVID, dopo la negativizzazione e la dimissione dall’ospedale o la ripresa di un minimo di attività per chi ha avuto sintomatologia ed è stato curato al domicilio, alcune persone manifestano sintomi sovrapponibili alla CFS. Del resto la CFS insorge per lo più in seguito a infezioni virali e il Coronavirus è appunto un virus. Il che avvalorerebbe un legame tra infezioni virali e CFS. La sintomatologia riferita riguarda per lo più fatica fisica non giustificata dall’azione svolta e fatica mentale che si manifesta con problemi di memoria e concentrazione e difficoltà nel reperire le parole giuste durante un discorso, sensazione di annebbiamento mentale.

Cosa possiamo dire di preciso sulla Cfs post Covi?
Sicuramente il medico saprà rispondere meglio al quesito. Per quanto riguarda la mia esperienza personale ed associativa, credo che sia prematuro potersi esprimere con sicurezza, molte patologie virali necessitano di una lunga convalescenza e il COVID è entrato a far parte della nostra quotidianità da neppure un anno. Peraltro è pur vero che a distanza di oltre sei mesi dal manifestarsi della patologia, molte persone non hanno ancora recuperato completamente e questo è un elemento che andrebbe valutato e monitorato. Vista l’alta contagiosità del COVID, il numero delle persone affette da CFS e fatica post COVID potrebbe crescere in modo esponenziale dando vita a una “nuova categoria di malati cronici”. Ovviamente fino ad ora si è focalizzata l’attenzione sugli aspetti che mettono in pericolo di vita il paziente (polmonite interstiziale, trombi, ecc.) ora, nonostante la seconda ondata stia mettendo in crisi un sistema sanitario già duramente provato, sarebbe opportuno occuparsi anche degli aspetti relativi alla fatica e alla qualità di vita di coloro che hanno superato l’infezione in quanto non si possono considerare guariti a pieno titolo coloro che convivono con situazioni così limitanti e così difficili da valutare.

Come si declina la Cfs? Per quanto tempo dura?
La CFS è una patologia che non gode a tutt’oggi di un marcatore diagnostico e che quindi viene individuata mediante diagnosi di esclusione, di esclusione cioè di tutte le altre patologie che potrebbero dare sintomi simili. I sintomi, oltre alla fatica riferita dallo stesso nome della malattia, che è una fatica importante, ingiustificata, sia fisica che mentale, sono rappresentati da febbricola o comunque alterazioni della termoregolazione, mal di testa di nuova e diversa insorgenza, dolore e/o gonfiore dei linfonodi, mal di gola, dolori muscolo scheletrici, disturbi gastrointestinali, problematiche relative all’ortostatismo, difficoltà di concentrazione e alterazioni della memoria a breve, disturbi del sonno, per citare i principali. La CFS meriterebbe l’attenzione di un’equipe multidisciplinare visti i molteplici ambiti coinvolti nella patologia che si manifestano appunto con una sintomatologia estremamente variegata, ma purtroppo i medici che se ne occupano sono pochissimi e non ci sono a tutt’oggi centri di riferimento specifici. Ai fini diagnostici i sintomi devono avere una durata di minimo sei mesi negli adulti e tre nei bambini, tali da ridurre le attività occupazionali quotidiane di almeno il 50%. La durata è variabile in quanto in un numero limitato di persone regredisce dopo alcuni anni, in altri dura per anni o per tutta la vita, in alcuni casi in modo più o meno costante e in molti casi in un susseguirsi di periodi di remissione e riacutizzazione, minando fortemente la vita di chi ne è affetto. Va sottolineato che la CFS non gode di una terapia specifica ma per lo più di terapie sintomatiche, che non sempre danno i risultati sperati.

Come si chiama e di cosa si occupa la sua associazione?
L’associazione che presiedo si chiama ASSOCIAZIONE MALATI DI CFS ONLUS (AMCFS). E’ un’Associazione che opera in ambito sanitario assistenziale e che si propone di offrire supporto a malati e loro familiari indicando a quali specialisti rivolgersi per diagnosi e monitoraggio, offrendo suggerimenti per il proseguimento degli studi dei giovanissimi, indicazioni sulle procedure per il riconoscimento dell’invalidità. Inoltre AMCFS promuove l’informazione sulla patologia sia alla
popolazione sia alla classe medica /sanitaria in diverse modalità dal banchetto informativo, alle interviste giornalistiche, televisive, divulgando il notiziario associativo, organizzando e partecipando a convegni dedicati a medici e personale sanitario, stimolando la presa in carico dei malati di CFS di gruppi medici interdisciplinari e informando le Istituzioni preposte a rispondere ai bisogni dei malati. Inoltre AMCFS sostiene piccoli progetti di ricerca, piccoli perché, non godendo di fondi cospicui, non può permettersi oltre; inoltre ha avuto modo di assegnare tre premi per la miglior tesi sulla CFS, quale mezzo per divulgare la conoscenza sulla patologia anche in ambito universitario.

L’emergenza Covid sta influendo sulle terapie per la Cfs?
Sicuramente l’emergenza COVID ha messo e sta mettendo a dura prova il nostro sistema sanitario e di conseguenza l’organizzazione ospedaliera e l’accesso ad ambulatori e cure per pazienti non COVID. Già in tempi pre COVID i malati di CFS potevano contare su un numero ridotto di medici che conoscono la patologia, la diagnosticano ed effettuano il follow up.Attualmente ci troviamo con un numero ancor più ridotto di medici perché a causa della pandemia, sono costretti a dare la precedenza ai malati COVID. Il tutto è aggravato dal fatto che i pochi medici esperti nel campo si trovano per lo più nel nord Italia, zona ancor più flagellata dalla pandemia . La telemedicina potrebbe essere un’ottima risposta ….
La situazione è estremamente complessa e sicuramente di difficile gestione, però sarebbe necessaria una presa di coscienza delle Istituzioni preposte dei bisogni dei malati e dell’attuazione delle misure atte a contenere gli effetti peggiori della CFS quale cronicizzazione e conseguente disabilità, l’interruzione del percorso scolastico nei giovanissimi, la perdita del lavoro della popolazione attiva affetta da CFS. Una presa in carico efficiente oltre a rispondere alla domanda di tutela della salute dei cittadini, sarebbe utile anche al contenimento della spesa pubblica che risulterebbe più oculata e meglio investita, senza contare i risvolti positivi sul fronte della tutela del malato considerato che un malato che non trova risposte è più esposto e vulnerabile ad incappare in professionisti più o meno seri che prescrivono terapie più o meno inutili o dannose, ma decisamente costose. Per ottimizzare le risorse si potrebbero creare dei punti di riferimento per malati di CFS e post COVID, senza contare che l’esperienza maturata da AMCFS e in particolare dal suo Comitato Scientifico potrebbe essere di supporto per eventuali nuove equipe mediche che si potrebbero occupare, diciamo così, di fatica post virale. Sottolineo a tal proposito che ben due rappresentanti del Comitato Scientifico AMCFS e l’Associazione stessa hanno partecipato al Tavolo di Lavoro istituito da AGENAS per la stesura del primo Documento d’Indirizzo sulla CFS già nel 2014. Ora si tratterebbe di mettere in pratica le indicazioni contenute nel Documento e costruire un percorso per uniformare diagnosi e approccio terapeutico.

 

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