In occasione del 12 Maggio, giornata mondiale dedicata alla CFS, meglio conosciuta come sindrome da stanchezza cronica o encefalomielite mialgica, l’Associazione Malati di CFS nata a Pavia nel giugno 2004 desidera che le istituzioni e la cittadinanza prestino particolare attenzione a questa grave e invalidante patologia e al grande disagio e disabilità dei malati di CFS.
La CFS ha iniziato ad essere diagnosticata negli Stati Uniti e in Gran Bretagna all’inizio degli anni 80 e comporta come criteri diagnostici: la presenza di una stanchezza debilitante che riduca le attività quotidiane e lavorative di almeno il 50% nonché l’esclusione di qualsiasi altra causa (oncologica, infettiva, endocrina, reumatologica, psichiatrica etc.) di stanchezza. I criteri includono disturbi neurologici (quali deficit della memoria, difficoltà alla concentrazione, cefalee), linfadenopatia latero-cervicale, bruciore in gola, febbricola o febbre, e dolori muscolari e/o articolari in assenza di esami di laboratorio alterati.
I pazienti italiani versano in una situazione particolarmente grave: la patologia infatti non è conosciuta dai medici di famiglia. Pertanto i pazienti arrivano alla diagnosi soltanto dopo un lungo percorso diagnostico di visite specialistiche e ricoveri frustranti che spesso propendono per una patologia psichiatrica erronea accompagnata da un senso di svalutazione della sintomatologia lamentata dal paziente e considerata una “somatizzazione”. Il Sistema Sanitario Nazionale non riconosce la patologia: pertanto gli esami diagnostici e specialistici sono a carico del paziente, un carico gravoso in quanto il paziente può non disporre dei mezzi economici per far fronte all’impegno che questa diagnosi richiede. Il mancato riconoscimento da parte del S.S.N. implica anche un’assenza d’inserimento della patologia nelle tabelle dell’invalidità: pertanto questi pazienti sono costretti a un iter individualizzato davanti alle commissioni d’invalidità delle ASL, dove la loro diagnosi è accolta con grande scetticismo, nonostante la definizione stessa della patologia implichi una grave incapacità lavorativa che si riscontra nella maggioranza dei casi. La situazione è ancor più impegnativa per quei giovani affetti dalla patologia che non riescono più a svolgere un’attività lavorativa a tempo pieno, costretti quindi al tempo parziale con corrispondente adeguamento della retribuzione fino a quando non riescono più a lavorare, non tutelati da un’ente previdenziale.
Non è dato conoscere quanti siano i pazienti di CFS in quanto non sono state ancora svolte ricerche epidemiologiche in Italia, ma si ha l’impressione che siano più numerosi di quanti riescono a giungere a una diagnosi definitiva. C’è dunque una popolazione sommersa con una patologia invalidante misconosciuta che necessiterebbe urgentemente di assistenza; In Italia, non esistono fondi pubblici per la ricerca della CFS; in Gran Bretagna sono stati stanziati 120 milioni di sterline per studiarne le cause (tutt’ora sconosciute) e le possibili terapie che attualmente non esistono.
Questa situazione grave e impellente ci ha visto rivolgerci direttamente al Ministro della Salute come Associazione Malati di CFS ma per il momento non abbiamo avuto l’onore di una risposta.